Donne, scienza e emigrazione

Cavarelli M
Oggi, 11 febbraio, è l’International Day of Women and Girls in Science, giornata istituita quest’anno per la prima volta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Per festeggiarla ho chiesto a 10 giovani ricercatrici italiane residenti a Parigi di rispondere a qualche domanda per raccontarci il loro mestiere… e spiegare che cosa ci fanno in Francia.

L’obiettivo di questa intervista multipla è semplice: dare voce a giovani donne che si sono rimboccate le maniche e hanno superato prove non facili come un’emigrazione (temporanea o definitiva) per l’amore della scienza e per il legittimo desiderio di realizzazione personale.

Perché parlare ancora oggi di donne e scienze ? Fatevene un’idea leggendo questo articolo di Tiziana Metitieri in risposta alle dichiarazioni sessiste del matematico Piergiorgio Oddifreddi, oppure leggete il mio articolo sulle donne scienziate (nel quale spiego fenomeni come il soffitto di vetro e la leaky pipeline) o su Ada Lovelace, la prima programmatrice della storia. Potreste anche essere interessati a come certi professori apostrofano e scoraggiano le studentesse, qui accenno alla mia esperienza (certo, risale a qualche anno fa, ma cose simili succedono ancora oggi…).

Ma ora la parola a voi ragazze !

(Attenzione: intervista lunga ma appassionante!)

1. Francesca Filippini, genetista, Institut Imagine (Institut des maladies génétiques) 

Il mio lavoro consiste nello studio delle malformazioni genetiche di pazienti in età infantile. Mi interesso in particolare alle malformazioni dei primi mesi dello sviluppo del feto. Nel mio laboratorio analizziamo il DNA di feti o bambini attraverso analisi genetiche e cerchiamo di riprodurre la patologia in modelli animali per studiarne i meccanismi in maniera accurata. Dopo la laurea magistrale, durante la quale ho capito che la mia passione era la ricerca scientifica, sono entrata in contatto con alcuni ricercatori dell’Institut Imagine, sono stata selezionata per lavorare con loro, ho fatto le valigie e sono arrivata a Parigi. Il livello delle ricerche era ottimo e altrettanto il compenso. In Italia ho collaborato con un paio di laboratori e ho lavorato in una Fondazione per la divulgazione scientifica per i giovani, un’esperienza fantastica. L’Italia è il paese in cui vorrei vivere, ma i fondi per la ricerca sono molto pochi, qui in Francia invece ci investono molto, quindi per ora penso di fermarmi a Parigi per i prossimi anni.

2. Beatrice Biancardi, dottoranda, Institut des Systèmes Intelligents et de Robotique (Université Pierre et Marie Curie)

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La mia tesi di dottorato si svolge nel campo dell’informatica e delle scienze cognitive. Studio l’interazione uomo-macchina, in particolare l’interazione tra gli esseri umani e gli agenti conversazionali (una specie di robot virtuali: assomigliano agli avatar dei videogiochi ma sono autonomi). Una volta programmati, essi sono in grado di interagire con l’utilizzatore, rispondere alle domande ed esprimere emozioni attaverso gesti ed espressioni facciali. L’obiettivo generale delle nostre ricerche è di migliorare la credibilità dei comportamenti dell’agente virtuale. Nel mio quotidiano analizzo grandi quantità di dati e visualizzo numerosi video di interazioni naturali tra persone, per estrarne regole e modelli che saranno in seguito applicati all’agente virtuale. Prima di arrivare in Francia ho studiato scienze cognitive all’università di Trento, conseguendo un Master internazionale (laurea specialistica) al Cimec. Sono venuta a Parigi per svolgere il tirocinio della laurea specialistica, grazie ad una borsa Erasmus. Ho poi prolungato il tirocinio di altri 3 mesi, e la mia tutor parigina mi ha proposto di rimanere per svolgere il dottorato. Avrei avuto la possibilità di candidarmi anche al Cimec, ma i professori stessi mi hanno consigliato di svolgere il dottorato all’estero in quanto più prestigioso, e perché lo stesso titolo conseguito in Italia non avrebbe avuto uguale peso se in futuro avessi voluto proseguire le mie ricerche all’estero. Per il momento, vedo la mia esperienza a Parigi come un’esperienza di studio (e anche culturale) stimolante, a volte complicata, ma sicuramente positiva. Anche se le opportunità di lavoro in Francia (e in altri paesi esteri) sono maggiori, vorrei ritornare in Italia in un futuro non troppo lontano.

3. Valentina Grampa, neurobiologa, Institut Fer à Moulin (Université Pierre et Marie Curie)

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La mia ricerca consiste nel capire come si sviluppa la corteccia celebrale durante lo sviluppo embrionale. Le mie indagini riguardano un tipo particolare di neuroni e una via di comunicazione cellula-cellula che si chiama Sonic Hedgehog. Nel quotidiano eseguo esperimenti di biologia molecolare su diversi tipi di cellule e testo gli effetti di alcuni farmaci. Sono venuta in Francia per una serie di circostanze. Non trovavo lavoro in Italia, inoltre un laboratorio italiano cercava uno studente da poter mandare a Parigi con lo scopo di iniziare un progetto collaborativo. Prima di venire a Parigi, ho ottenuto la laurea specialistica. All’epoca lavoravo al San Raffaele di Milano e avevo un progetto incentrato sullo sviluppo di nuovi vaccini contro l’infezione del virus HIV. Penso di ritornare in Italia per vedere la mia famiglia e i miei amici. Purtroppo, non penso di ritornare a viverci perché le prospettive lavorative e la qualità della vita sono migliori in Francia.

4. Caterina Marino, neuroscienziata, Laboratoire Psychologie de la Perception (Université Paris Descartes)

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Per la mia tesi di dottorato studio i meccanismi cerebrali e acustici necessari all’apprendimento del linguaggio durante i primi anni di vita dei bambini, sia nello sviluppo normale sia in quello atipico (per esempio disturbi specifici del linguaggio e dislessia). In laboratorio faccio dei piccoli esperimenti con i bambini di nove mesi durante i quali misuro le risposte comportamentali e cerebrali dopo esposizione a suoni (parole, sillabe, note musicali, etc.) e/o stimoli visivi (video, immagini, etc.) Sono venuta in Francia per pura casualità: ho mandato diverse domande di dottorato e poi ho scelto in base alla validità del laboratorio e del mio interesse per l’argomento trattato. In Italia, dopo la laurea magistrale, ho lavorato per sei mesi nel laboratorio di Language, Cognition and Development a Trieste, come assistente di ricerca. Non so se in un futuro prossimo tornerei in Italia a lavorare, al momento non ho un programma definito per il “dopo” e non mi precludo nessuna possibilità. Amo il mio paese, ma per noi ricercatori qualcosa dovrebbe proprio cambiare.

5. Stefania Peracchi, ingegnere nucleare, Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire

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Il mio lavoro di ingegnere ricercatrice riguarda la protezione delle persone che entrano in contatto con le radiazioni: piloti e astronauti esposti alla radiazione cosmica proveniente dal Sole, pazienti sottoposti a radioterapia per curare un tumore, lavoratori di industrie nucleari o persone presenti a un incidente nucleare. Per studiare tali situazioni a rischio, servono rivelatori di radiazioni sempre più performanti. La mia equipe testa e analizza questi strumenti cercando di capire quanto possano essere attendibili. Come sono arrivata qui? Nell’ottobre 2015 ho svolto uno stage di 6 mesi a Parigi per scrivere la mia tesi di laurea specialistica in Ingegneria Nucleare, iniziata al Politecnico di Milano. Fortunatamente a fine contratto mi hanno assunta. Quindi alla fine dello stage sono rientrata in Italia giusto il tempo di discutere la tesi, salutare la famiglia e gli amici, sapendo benissimo che ero di passaggio. Ora la mia vita é a Parigi: qui vedo che credono in me e nelle mie capacità sviluppate in anni di studio. Investono su di me affinché io cresca e maturi quell’esperienza che in Italia si pretende che io abbia sul Curriculum a priori.

6. Giulia Faedda, ingegnere di ricerca, Hôpital de la Pitié-Salpêtrière

GiuliaFaedda

Lavoro nel campo del trattamento delle immagini cardiovascolari. Mi occupo, cioè, di sviluppare un software che sia di aiuto a radiologi e chirurghi per misurare il flusso di sangue in uscita e in ingresso al cuore. Sono sarda ma per motivi di studio mi sono trasferita a Genova, dove durante gli anni della laurea magistrale in Bioingegneria ho avuto la possibilità di usufruire di una borsa Erasmus trainship. Ovviamente la meta era Parigi, che dire ? Mi sono letteralmente innamorata di questa città e delle mille possibilità che offre. Determinata a tornarci ho iniziato da subito a cercare lavoro qui. Raggiunta una certa stabilità lavorativa ed economica mi piacerebbe poter tornare in Italia, perché no nella mia adorata Sardegna!

7. Rosaria Esposito, biologa, Institut Pasteur

foto rosaria

Svolgo la mia ricerca sul pesce zebra, un simpatico pesciolino tropicale di acqua dolce che ha la capacità di rigenerare perfettamente diverse parti del suo corpo, tra cui il cervello. Questo è possibile grazie alle sue cellule staminali, molto più abbondanti nei tessuti dei pesci rispetto – ad esempio – ai tessuti dei mammiferi. Studio queste cellule per comprendere come riescano a restare in uno stato “dormiente”, per poi riattivarsi, dividersi e formare nuovi neuroni se stimolate. Sono venuta in Francia per un contratto post-doc (post dottorato). Ho conseguito il titolo di Dottore a Napoli, la mia città natale, nei laboratori della Stazione Zoologica A. Dohrn. Ho deciso di lasciare l’Italia, alla fine del dottorato, dopo essermi resa conto che sarei sempre stata considerata come mano d’opera a basso costo, imprigionata in un precariato virtualmente senza fine. Ho sempre sentito una forte attrazione verso la Francia, e Parigi era il mio sogno. Quindi… eccomi qui. Tornerei in Italia? Inutile negare che in cuor mio lo spero, ma attualmente non è una priorità. L’Italia mi manca ma mi ferisce anche ogni giorno. Mi rattrista l’idea che se dovessi avere dei figli all’estero non sarebbero mai veramente italiani, ma mi rattristerebbe di più il pensiero di condannarli al senso di impotenza e sfiducia che ho provato io.

8. Marina Corradini, dottoranda in sismologia, Institut de Physique du Globe de Paris

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Il mio progetto di ricerca riguarda lo studio dei terremoti e degli aspetti che determinano la loro complessità. Nella mia giornata-tipo faccio simulazioni al computer di diversi eventi sismici: in tal modo posso osservare nel dettaglio cosa accade quando un sisma si produce. Terminata la laurea magistrale in Italia, ho inviato la mia candidatura all’Institut de Physique du Globe de Paris per una borsa di dottorato e sono stata selezionata ! Cosa facevo in italia prima di venire? Ero studentessa nella mia città natale. Non vorrei tornare in Italia… mi piacerebbe vivere in tanti posti diversi nel corso della mia vita.

9. Maddalena Mattiello, ingegnere chimico, Laboratoire Matière Molle et Chimie, École supérieure de physique et de chimie industrielles
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Studio la cosiddetta materia soffice. Il materiale che studio ne è un esempio: composto fino al 99% d’acqua (quindi anche “ecologico”) esso può al tempo stesso passare dallo stato solido a quello liquido, e viene usato per applicazioni che vanno dall’ottica alla drug delivery (somministrazione controllata e mirata di un farmaco nel corpo umano). Sono venuta in Francia per il dottorato, quindi subito dopo la laurea in Ingegneria Chimica all’Università di Napoli, grazie a un progetto Marie Curie finanziato dall’Unione Europea che incentiva la mobilità dei giovani ricercatori. Non so ancora se ritornerei in Italia, non sono ancora sicura di cosa possa offrirmi il mio Paese dopo. Mi sento cittadina europea e non mi dispiacerebbe vivere in Francia o in un’altra nazione europea.
10. Mariangela Cavarelli, biologa, Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives (CEA)
Cavarelli M

Studio i meccanismi cellulari e immunitari della trasmissione sessuale del virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e come la trasmissione potrebbe essere inibita con anticorpi specifici. Nel mio laboratorio indaghiamo sulla modalità d’infezione del virus su un particolare tipo di cellule, chiamate cellule dendritiche. In condizioni normali, queste cellule ci proteggono dalle infezioni. Nel caso dell’HIV invece, esse sono «manipolate» dal virus con lo scopo della sua diffusione nell’organismo. Inoltre eseguiamo dei test per valutare come gli anticorpi con funzione neutralizzante del virus possono interferire col processo di trasmissione e infezione. Sono venuta in Francia perché ho ottenuto un finanziamento della Comunita’ Europea che favorisce la mobilita’ dei ricercatori (Marie Sklodowska Curie Actions) ed un finanziamento da parte dell’ANRS, l’agenzia nazionale francese per la ricerca sull’AIDS. In precedenza ho lavorato per 10 anni in Italia all’ospedale San Raffaele di Milano, sempre nello stesso ambito. Tornerei volentieri in Italia se il mio Paese mi desse la possibilita’ economica di portare avanti le mie ricerche.

Questo articolo vuole anche essere un ringraziamento alla Francia che ci accoglie e ci dà la possibilità di esprimere i nostri talenti.

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